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Gli esicasti praticano la cosiddetta preghiera di Gesù o preghiera del cuore, che consiste nella ripetizione incessante di una formula, secondo il ritmo del proprio respiro. Tale formula conosce una versione più breve («Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me») e una più lunga («Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore»), più altre varianti. Tale preghiera – resa particolarmente celebre dalla pubblicazione dei Racconti di un pellegrino russo – viene spesso ripetuta in posizione seduta (in genere su uno sgabello basso), con il capo reclinato sul petto. Un monaco ostile alla vita esicasta, [[Barlaam di Seminara]] (XIV secolo), a causa di tale postura, accusò con sarcasmo gli esicasti di essere onfalopsichi (ovvero di mettere “l’anima nell’ombelico”) e messaliani. Barlaam fu uno dei più grandi avversari della pratica esicasta. La polemica, sua e di altri, si protrasse lungamente, concludendosi infine, grazie alla strenua difesa di San Gregorio Palamas, con la condanna di Barlaam e degli altri oppositori. | Gli esicasti praticano la cosiddetta preghiera di Gesù o preghiera del cuore, che consiste nella ripetizione incessante di una formula, secondo il ritmo del proprio respiro. Tale formula conosce una versione più breve («Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me») e una più lunga («Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore»), più altre varianti. Tale preghiera – resa particolarmente celebre dalla pubblicazione dei Racconti di un pellegrino russo – viene spesso ripetuta in posizione seduta (in genere su uno sgabello basso), con il capo reclinato sul petto. Un monaco ostile alla vita esicasta, [[Barlaam di Seminara]] (XIV secolo), a causa di tale postura, accusò con sarcasmo gli esicasti di essere onfalopsichi (ovvero di mettere “l’anima nell’ombelico”) e messaliani. Barlaam fu uno dei più grandi avversari della pratica esicasta. La polemica, sua e di altri, si protrasse lungamente, concludendosi infine, grazie alla strenua difesa di San Gregorio Palamas, con la condanna di Barlaam e degli altri oppositori. | ||
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SPIRITUALITÀ ORTODOSSA
Etica e vita spirituale
Concetti fondamentali
Storia della spiritualità
L'esicasmo (dal greco ἡσυχασμός hesychasmos, da ἡσυχία hesychia, calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione) è una delle più alte espressione della spiritualità ortodossa. Questa tradizione trova particolarmente espressione nella Filocalia, raccolta di trattati e consigli riguardanti la vita spirituale e la pratica della preghiera, pubblicata a Venezia da San Nicodemo l’Aghiorita. La pratica esicasta mira al ricordo costante di Dio, che può raggiungersi con la «custodia del cuore». Perciò l'esicasmo può esprimersi in sintesi come un modo di vivere la preghiera del cuore. Per questa ragione, il termine “esicasta”, che andrebbe normalmente attribuita a un monaco, viene data in senso lato a chiunque pratichi, anche rimanendo nella vita secolare, tale preghiera.
Origini e sviluppo
Le origini della pratica esicasta possono riconoscersi fin dalle prime esperienze monastiche nel IV secolo, come Sant’Antonio il Grande e Sant’Arsenio. Nel VI secolo possiamo soprattutto citare San Giovanni Climaco autore della Scala del Paradiso. La pratica e la dottrina esicasta vengono poi approfondite da San Simeone il Nuovo Teologo. San Gregorio il Sinaita e San Niceforo l'Esicasta (XIII‑XIV secolo) diedero entrambi un notevole contributo alla sua diffusione. Con San Gregorio Palamas (circa 1296‑1359) l'esicasmo raggiunge un pieno statuto dogmatico. La pratica esicasta, come quella della preghiera del cuore, penetrò poi nel mondo slavo, soprattutto grazie all’opera di San Paisio Velickovskij, che tradusse la Filocalia in paleoslavo, e di San Teofane il Recluso, che la tradusse in lingua russa.
La “questione esicasta”
Gli esicasti praticano la cosiddetta preghiera di Gesù o preghiera del cuore, che consiste nella ripetizione incessante di una formula, secondo il ritmo del proprio respiro. Tale formula conosce una versione più breve («Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me») e una più lunga («Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore»), più altre varianti. Tale preghiera – resa particolarmente celebre dalla pubblicazione dei Racconti di un pellegrino russo – viene spesso ripetuta in posizione seduta (in genere su uno sgabello basso), con il capo reclinato sul petto. Un monaco ostile alla vita esicasta, Barlaam di Seminara (XIV secolo), a causa di tale postura, accusò con sarcasmo gli esicasti di essere onfalopsichi (ovvero di mettere “l’anima nell’ombelico”) e messaliani. Barlaam fu uno dei più grandi avversari della pratica esicasta. La polemica, sua e di altri, si protrasse lungamente, concludendosi infine, grazie alla strenua difesa di San Gregorio Palamas, con la condanna di Barlaam e degli altri oppositori.
Bibliografia
La Filocalia, a cura di Maria Benedetta Artioli, Milano, Gribaudi, 1987
Racconti di un pellegrino russo, trad. dal russo di Milly Martinelli, Milano, Rusconi, 1977
L’amore della quiete. L’esicasmo bizantino tra il XIII e il XV secolo, introduzione, traduzione e note a cura di Antonio Rigo, Magnan, Qjqajon, 1993
Renato D'Antiga, Gregorio Palamas e l'esicasmo, Cinisello Balsamo, Paoline, 1991.
Renato D'Antiga, L'esicasmo russo. Introduzione alla spiritualità degli slavi orientali, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996.
Antonio Rigo (a cura di), Mistici bizantini, Torino, Einaudi, 2008.