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Sant'Ignazio di Antiochia, il Teoforo

Sant'Ignazio il Teoforo, vescovo della città di Antiochia, subì il martirio a Roma nel 110. Fu uno dei cosiddetti Padri Apostolici, e tra più grandi pastori del suo tempo.


Vita e scritti

Sant'Ignazio fu vescovo di Antiochia, in Siria, una delle maggiori metropoli dell'Impero dopo Roma e Alessandria, a partire dal 70. Fu il terzo vescovo di quella città, dopo San Pietro ed Evodio. Denunciato come cristiano, fu inviato dalla Siria a Roma durante il regno di Traiano (98-117). Qui subì il martirio nel 110, divorato nel circo dai leoni. Durante il trasferimento a Roma scrisse le sue lettere, di cui diamo un elenco:

  • Lettera agli Efesini;
  • Lettera ai Magnesii;
  • Lettera ai Tralliani;
  • Lettera ai Romani;
  • Lettera ai Filadelfiesi;
  • Lettera agli Smirnesi;
  • Lettera a Policarpo di Smirne


Dottrina

In Sant'Ignazio appare in modo preciso la costituzione ben definita della gerarchia della Chiesa: il vescovo è la pietra angolare, a cui i fedeli fanno capo: "Dove c'è il vescovo là dev'essere il popolo, come, dove è il Cristo Gesù, là è la Chiesa cattolica" (Lettera agli Smirnesi, 8, 2). "Cattolica", ovvero "secondo il tutto".

A Sant'Ignazio è ignota qualsiasi concezione di un "primato", o di un potere centrale, diverso da quello del vescovo locale.

Anche se è la concezione della Chiesa ad assumere una grande importanza nel suo epistolario, non è meno importante la sua condanna delle prime eresie che già si diffondevano nella Chiesa antica, in particolare lo gnosticismo.

Il vescovo di Antiochia reagì energicamente contro le dottrine degli gnostici in generale e dei doceti in particolare.

Dai suoi scritti

La gerarchia ecclesiastica

(dalla Lettera ai Tralliani) 2. Se siete sottomessi al vescovo come a Gesù Cristo dimostrate che non vivete secondo l'uomo ma secondo Gesù Cristo, morto per noi perché credendo alla sua morte sfuggiate alla morte. È necessario, come già fate, non operare nulla senza il vescovo, ma sottomettervi anche ai presbiteri come agli apostoli di Gesù Cristo speranza nostra, e in lui vivendo ci ritroveremo. Bisogna che quelli che sono i diaconi dei misteri di Gesù Cristo siano in ogni maniera accetti a tutti. Non sono diaconi di cibi e di bevande, ma servitori della Chiesa di Dio. Occorre che essi si guardino dalle accuse come dal fuoco. 3. Similmente tutti rispettino i diaconi come Gesù Cristo, come anche il vescovo che è l'immagine del Padre, i presbiteri come il sinedrio di Dio e come il collegio degli apostoli. Senza di loro non c'è Chiesa. Sono sicuro che intorno a queste cose la pensate allo stesso modo. Infatti ho accolto e ho presso di me, un esemplare della vostra carità nel vostro vescovo, il cui contegno è una grande lezione, come la sua dolcezza una forza. Credo che anche gli atei lo rispettino. Poiché vi amo mi trattengo, potendo scrivere con più severità sulla cosa. Non arriverei col pensiero a tanto da comandarvi come un apostolo essendo, invece, un condannato.


In attesa del martirio

(Dalla Lettera agli Efesini) 10. Per gli altri uomini "pregate senza interruzione". In loro vi è speranza di conversione perché trovino Dio. Lasciate che imparino dalla vostre opere. Davanti alla loro ira siate miti; alla loro megalomania siate umili, alle loro bestemmie (opponete) le vostre preghiere; al loro errore "siate saldi nelle fede"; alla loro ferocia siate pacifici, non cercando di imitarli. Nella bontà troviamoci loro fratelli, cercando di essere imitatori del Signore. Chi ha sofferto di più l'ingiustizia? Chi ha avuto più privazioni? Chi più disprezzato? Non si trovi tra voi nessun'erba del diavolo, ma con ogni purezza e temperanza rimanete in Gesù Cristo con la carne e con lo spirito. (...) 12. So chi sono e a chi scrivo. Io sono un condannato, voi avete ottenuto misericordia. Io in pericolo, voi al sicuro. Voi siete la strada per quelli che s'innalzano a Dio. Gli iniziati di Paolo che si è santificato, ha reso testimonianza ed è degno di essere chiamato beato. Possa io stare sulle sue orme per raggiungere Dio; in un'intera sua lettera si ricorda di voi in Gesù Cristo. (...) 15. È meglio tacere ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare se chi parla opera. Uno solo è il maestro e ha detto e ha fatto e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre. Chi possiede veramente la parola di Gesù può avvertire anche il suo silenzio per essere perfetto, per compiere le cose di cui parla o di essere conosciuto per le cose che tace. Nulla sfugge al Signore, anche i nostri segreti gli sono vicino. Tutto facciamo considerando che abita in noi templi suoi ed egli il Dio (che è) in noi, come è e apparirà al nostro volto amandolo giustamente.

Ultime raccomandazioni prima del martirio

(dalla Lettera ai Romani) 1. Dopo aver pregato Dio ho potuto vedere i vostri santi volti ed ottenere più di quanto avevo chiesto. Incatenato in Gesù Cristo spero di salutarvi, se è volontà di Dio che io sia degno sino alla fine. L'inizio è facile a compiersi, ma vorrei ottenere la mia eredità senza ostacoli. Temo però che il vostro amore mi sia nocivo. A voi è facile fare ciò che volete, a me è difficile raggiungere Dio se non mi risparmiate. 2. Non voglio che voi siate accetti agli uomini, ma a Dio come siete accetti. Io non avrò più un'occasione come questa di raggiungere Dio, né voi, pur a tacere, avreste a sottoscrivere un'opera migliore. Se voi tacerete per me, io diventerò di Dio, se amate la mia carne di nuovo sarò a correre. Non procuratemi di più che essere immolato a Dio, sino a quando è pronto l'altare, per cantare uniti in coro nella carità al Padre in Gesù Cristo, poiché Iddio si è degnato che il vescovo di Siria, si sia trovato qui facendolo venire dall'oriente all'occidente. È bello tramontare al mondo per il Signore e risorgere in lui. (...) 9. Ricordatevi nella vostra preghiera della Chiesa di Siria che in mia vece ha Dio per pastore. Solo Gesù Cristo sorveglierà su di essa e la vostra carità. Io mi vergogno di essere annoverato tra i suoi, non ne sono degno perché sono l'ultimo di loro e un aborto. Ma ho avuto la misericordia di essere qualcuno, se raggiungo Dio. Il mio spirito vi saluta e la carità delle Chiese che mi hanno accolto nel nome di Gesù Cristo e non come un viandante. Infatti, pur non trovandosi sulla mia strada fisicamente mi hanno preceduto di città in città. 10. Questo vi scrivo da Smirne per mezzo dei beatissimi efesini. Con me tra molti altri vi è Croco, nome a me caro. Credo che voi conoscerete coloro che mi hanno preceduto dalla Siria a Roma nella gloria di Dio. Avvertiteli che sono vicino. Tutti sono degni di Dio e di voi: è bene che li confortiate in ogni cosa. Vi scrivo nove giorni prima delle calende di settembre. Siate forti sino alla fine nell'attesa di Gesù Cristo.